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La viticoltura dell’Alta Langa
La viticoltura dell’Alta Langa
Da un saggio diMaurizio Gily
Una nuova idea di vino
La storia moderna della viticoltura dell’Alta Langa è la storia di un ritorno. Il ritorno della vite in un territorio di alta collina e montagna, in buona parte aspro, ricco di boschi e di pascoli.
Un territorio che la vite aveva in parte colonizzato, soprattutto a cavallo tra Ottocento e Novecento, e poi, dal secondo dopoguerra, progressivamente abbandonato, mentre anche la presenza dell’uomo si faceva rarefatta, con l’esodo verso le valli, le città, le industrie. In un’agricoltura basata soprattutto sul bosco, le castagne, le nocciole e l’allevamento del bestiame, alla vite venivano riservate per lo più terrazze impervie, aride, inadatte alla produzione di foraggio, soprattutto per il consumo familiare di vini senza troppe pretese.
Tuttora sono visibili, soprattutto in alta Valle Bormida e in Valle Belbo, i muretti a secco in “Pietra di Langa” che sostenevano i vigneti.
Il progetto dello spumante Alta Langa nasce negli anni ‘90 del Novecento e assomiglia a certi progetti di pianificazione agricola tipici del nuovo mondo.
Si ragiona sulla vocazione teorica di una certa zona a produrre qualcosa, per il quale non esiste in quell’area una tradizione codificata; lo si fa sulla base dello studio del clima, dell’orografia, delle caratteristiche dei suoli; si avvia un progetto pilota per verificare la risposta sul campo delle ipotesi; si accerta che l’idea funzioni, si mettono a punto i dettagli e si avviano i nuovi impianti.
Una nuova viticoltura
L’area prescelta si estende oltre l’Alta Langa propriamente detta verso Est e comprende tutta la fascia pre-appenninica del Piemonte meridionale, coinvolgendo tre province: Alessandria, Asti e Cuneo. È un’area piuttosto vasta, di media e alta collina, con vigneti che partendo da 250 metri salgono in quota fino a circa 800 metri, per lo più con notevoli pendenze, che rendono la coltivazione impegnativa. La pendenza facilita lo sgrondo delle acque di pioggia in eccesso e la buona ventilazione crea un microclima piuttosto asciutto intorno alla chioma e al frutto. Le brezze di monte notturne, che dall’Appennino ligure scendono verso la pianura, sono fresche e secche e preservano la sanità dei grappoli dalle muffe, sebbene la piovosità dell’area sia superiore a quella della bassa Langa e del Monferrato.
La resa massima, da disciplinare Alta Langa DOCG, è del 65% rispetto al peso dell’uva. La vendemmia deve essere esclusivamente manuale. L’Alta Langa è un’area piuttosto diversificata, anche climaticamente, ma, considerando una quota di 400-450 metri come pietra di paragone, possiamo dire che siamo su temperature medie che stanno a metà tra Reims e Alba (vedi grafico sotto).
Questo clima temperato, pur nella differenza tra le diverse annate, assicura una buona maturazione delle uve tutti gli anni e le annate “negative” sono davvero rare, salvo per quei vigneti occasionalmente colpiti dalla grandine. Anche grazie a questa costanza qualitativa, il disciplinare Alta Langa prevede che tutti i vini siano millesimati, cioè portino in etichetta la data di vendemmia.
tra alba e reimsTemperature medie
le scelte di fondo
La sperimentazione in campo alla base del progetto Alta Langa fu attuata a partire dal 1990 sotto la guida esperta di Lorenzo Corino, dell’allora Istituto Sperimentale per la Viticoltura (oggi sezione del CREA). La scelta dei vitigni Pinot nero e Chardonnay doveva essere meglio focalizzata, verificando quali fossero le varietà più indicate, tra queste due, per le diverse zone e, all’interno della varietà, i migliori cloni e i migliori portinnesti, nei differenti contesti, per la produzione di uno spumante metodo classico.
La fascia collinare della DOCG Alta Langa si trova, da un punto di vista geologico, ai limiti meridionali del cosiddetto Bacino Terziario Piemontese, costituito da marne calcaree sedimentarie marine, spingendosi fino al corrugamento appenninico vero e proprio con le sue rocce metamorfiche.
I suoli, pur nella loro diversità, sono essenzialmente franco-argillosi e calcarei, con percentuali variabili di limo e sabbia. I suoli più ricchi di argilla e di colore più scuro e le posizioni più fresche, con una media radiazione solare, sono considerati più adatti al Pinot nero, vitigno più esigente e più precoce nella maturazione, mentre lo Chardonnay è per sua natura maggiormente adattabile, sia per quanto riguarda il clima che il suolo. Il che non vuol dire però che produca vini base uguali nei diversi contesti: saranno più solari, fruttati e concentrati alle quote più basse, più verdi e minerali nel clima più fresco dell’alta collina.
E sarà spesso la cuvée di uve provenienti da vigneti diversi a dare il miglior risultato finale, cogliendo da ciascuna partita quanto di meglio può offrire. La “regola” fissa una densità minima di 4000 viti per ettaro, la coltivazione a spalliera, la potatura a Guyot o a cordone speronato. Si fissa anche l’altezza del filo “di banchina”, cioè quello più basso della spalliera, che sopporta il maggior carico dei frutti, tra i 40 e gli 80 centimetri.
- 4000 VITI/HA
- densita minima
- A SPALLIERA
- coltivazione
- GUYOT / CARDONE SPERONATO
- potatura
- 40 / 80 CM
- altezza filo “di banchina”
un vigneto "più verde"
Qui non si cerca di anticipare la maturazione, ma di ritardarla, per portarla verso settembre, con il sole più basso sull’orizzonte e le notti più fredde. Non si punta al grado zuccherino, e quindi al grado alcolico, ma a conservare la freschezza di un frutto ancora croccante.
Il colore dell’Alta Langa è il verde: quello dei prati e dei boschi che circondano i vigneti; quello delle foglie, ancora verdi al momento della raccolta; quello della vegetazione spontanea che normalmente viene lasciata nell’interfilare; quello dei grappoli di Chardonnay nelle parti meno esposte al sole.
Quel sole che la pianta della vite cerca assiduamente, allungando i suoi germogli ed espandendo la chioma in tutte le direzioni, ma che in questo caso non deve essere troppo violenta sul grappolo. Di norma non si pratica il diradamento dei grappoli, ma si cerca di ottenere questo equilibrio attraverso la potatura e le varie pratiche colturali, dalla concimazione alla gestione del suolo, agli interventi in verde.
Il colore dell’Alta Langa è il verde: quello dei prati, dei boschi, delle foglie, della vegetazione spontanea e dei grappoli di Chardonnay nelle parti meno esposte
I vitigni dell'Alta Langa docg
Pinot Nero e Chardonnay: i due vitigni che danno vita ai più famosi spumanti del mondo sono parenti, ma hanno caratteri piuttosto diversi.
Lo Chardonnay è un vitigno adattabile e se ne ottengono vini molto differenti, in base al clima e agli obiettivi enologici.
Il Pinot nero è poco adattabile, non sopporta bene i picchi di calore estivo, la siccità e una radiazione solare troppo intensa.
Il pinot Nero
Tra i più nobili dei vitigni a bacca rossa, il Pinot nero fa parte del gruppo di vitigni “internazionali” di origine francese, diffusamente coltivati nel mondo. Sappiamo che il Pinot nero è un antenato di altre varietà, tra cui lo stesso Chardonnay, il che confermerebbe la sua origine antica e la sua larga diffusione.
Dalla Borgogna e dalla Champagne il Pinot nero si è diffuso in diversi paesi del mondo, in particolare nelle zone temperato-fresche. In Italia è diffuso soprattutto in Oltrepò Pavese, in Alto Adige, nel Veneto orientale. Lo troviamo in Valle d’Aosta e in altre valli alpine, in Toscana e qua e là lungo la dorsale appenninica. E, da alcuni anni, ha fatto ritorno in Alta Langa, mentre è poco presente nel resto del Piemonte, sebbene sia stato coltivato dalla fine del ‘700.
È un vitigno difficile, che richiede conoscenze e attenzioni, dal progetto dell’impianto a tutte le cure colturali. In terreni troppo fertili o troppo concimati e dove le viti hanno molto vigore è sensibile alla colatura dei fiori. È piuttosto sensibile alle crittogame, soprattutto all’oidio. Il germogliamento precoce lo espone ai rischi di gelate tardive. Anche l’età del vigneto riveste una certa importanza: le viti di Pinot nero con il passare degli anni migliorano il loro equilibrio vegeto-produttivo e di conseguenza anche la costanza qualitativa del frutto. Una buona tecnica colturale può però accorciare questi tempi e ottenere ottimi risultati anche da viti giovani, in particolare se destinate a produrre uve per una base spumante.
Un punto critico fondamentale nella coltivazione del Pinot nero è la scelta della data di vendemmia in quanto è molto stretta la finestra temporale entro cui i componenti del frutto raggiungono un equilibrio ottimale. Bisogna raccogliere al momento giusto, farlo velocemente e rispettando l’integrità del frutto.
foglia di pinot nero
grappolo di pinot nero
lo chardonnay
Lo Chardonnay, originario del Nord della Francia, è uno dei vitigni maggiormente coltivati nel mondo, sia per la produzione di vini fermi, in parte anche destinati all’invecchiamento, che di spumanti. Lo Chardonnay è coltivato in climi assai differenti tra loro dando origine a vini altrettanto diversi.
Il nome “Chardonnay” pare che sia entrato nell’uso solo nel ventesimo secolo e deriva dall’omonimo paese del Sud della Borgogna, tra Mâcon e Chalon-sur-Saône. Ma il vitigno è sicuramente assai più antico, anche se era chiamato con nomi diversi: Beaunois (cioè di Beaune, in Borgogna, prima citazione del 1538) Morillon blanc, Pinot blanc (da cui è nettamente distinto anche se le due varietà si somigliano). I genetisti hanno accertato che il vitigno deriva dall’incrocio tra Pinot e Gouais blanc.
È una varietà adattabile e relativamente poco esigente, ma solo in alcuni ambienti e ad alcune condizioni è in grado di produrre vini di eccellenza. Ai limiti termici più bassi della sua zona di coltivazione si utilizza prevalentemente per la produzione di vini base spumante, mentre in climi temperati prevale la vinificazione come vino bianco secco.
Se è vero da una parte che nei climi più freddi, dove la maturazione delle uve non raggiunge un elevato grado zuccherino, è naturale la scelta spumantistica, non è altrettanto vero che in quelli più temperati le uve non si prestino alla spumantizzazione.
Uve Chardonnay più mature, soprattutto se impiegate in assemblaggio, arricchiscono i vini di corpo, struttura e note di frutto maturo, gli danno lunghezza e carattere.
Escludendo l’Alta Langa si contano in Piemonte un migliaio di ettari piantati a Chardonnay. Prima ancora dell’avventura spumantistica dell’Alta Langa, lo Chardonnay fu praticamente l’unico, tra i cosiddetti vitigni “internazionali”, ad aver avuto una diffusione di un certo rilievo in questa regione. Negli ultimi anni tuttavia questa varietà ha fermato la sua corsa per la produzione di vini fermi, a favore degli autoctoni: nel contempo l’Alta Langa ne ha invece valorizzato le grandi possibilità come uva da spumante.
Il vitigno ha un germogliamento precoce, appena più tardivo del Pinot nero e questo lo rende sensibile ai rischi delle gelate tardive primaverili.
La giacitura di alta e media collina dei vigneti dell’Alta Langa mitiga il rischio di gelate, sia perché il germogliamento tende a ritardare, sia perché l’aria fredda nelle ultime ore della notte, le più rischiose, essendo più densa scivola sulle pendici collinari verso i fondovalle, per il fenomeno fisico detto di avvezione fredda.
Il vitigno ha una buona fertilità (numero di grappoli per germoglio), ma il grappolo è piccolo e leggero, per cui la produzione per pianta non è abbondante, normalmente intorno a 1,5 kg o meno.
Il grappolo è compatto e la buccia sottile, fatti che lo rendono piuttosto sensibile ai marciumi, ma la precocità della maturazione e il clima ventilato dell’Alta Langa mitigano questo rischio, insieme alla perizia dei viticoltori, che sanno come esporre il grappolo alla luce e all’aria nel modo migliore per mantenerlo sano. Soffre il tempo freddo e umido nella fase di fioritura.
foglia di chardonnay
grappolo di chardonnay
Il metodo di produzione
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